“Situazione catastrofica, non si costruisce una barca”

I numeri della crisi nell’analisi di Guglielmi, capo del Comitato concessionari demaniali

Marineria ridotta da 600 a 150 imbarcazioni, non una sola barca in costruzione nei cantieri navali della città, posti di lavoro dimezzati.

Ing. Salvatore Guglielmi
Ing. Salvatore Guglielmi

E' la fotografia del comparto marittimo di Manfredonia che viene consegnata dagli stessi operatori.

"La situazione delle imprese che lavorano nel comparto marittimo sipontino è tragica, stiamo subendo una caduta verticale del lavoro e dei guadagni". A parlare è l'ing. Salvatore Guglielmi, a capo del Comitato concessionari demaniali marittimi ed operatori settore nautico, costituitosi a Manfredonia, in seno alla Confcommercio Imprese per l'Italia. E' l’organismo cui aderiscono le imprese operanti, a vario titolo, su concessioni demaniali marittime, nell'ambito del sistema economico territoriale marittimo e portuale del Golfo di Manfredonia. Facendosi portavoce del grido d'allarme della categoria, Guglielmi traccia a l'Attacco il bilancio del 2012 per il mondo sipontino della pesca e della nautica.

Quello marittimo, spiega, e il settore emblematico dell'economia e della storia di Manfredonia, ma è oggi in ginocchio in tutte le sue attività.

"Per la nautica da diporto questo è stato un anno terribile qui a Manfredonia. Rispetto al 2010 lo scorso anno avevamo già risentito di un calo del lavoro pari ad almeno il 20%, sia per quanto riguarda la vendita di posti barca che i lavori di officina e dei cantieri", puntualizza l'ingegnere 52enne, titolare della Guglielmi sas, lo storico centro nautico e navalmeccanico fondato nel '59 dal Cav. Uff. Francesco Guglielmi.

"Quest'anno il calo si è aggravato, arrivando al 50% rispetto ai numeri che facevamo nel 2010. Me lo confermano, purtroppo, le lamentele che mi giungono dalle imprese che fanno parte del Comitato".

II risultato di tale situazione è che "i cantieri navali a Manfredonia sono praticamente fermi a causa della crisi e parecchi sono gli imprenditori che hanno dovuto ridurre le maestranze e gli orari di lavoro, come pure ricorrere a ferie forzate. Nel complesso sono stati dimezzati posti di lavoro nei cantieri nautici". Insomma, non si lavora e non si vende più. E se la vendita è stata invece effettuata, bisogna esser pronti a veder slittare i pagamenti anche di anno in anno. Sono sei i canteri navali presenti nel Golfo: quelli legati alla pesca sono Guerra, Rucher e la Coop Rucher; sono invece impegnati nella nautica da diporto Di Carlo, la stessa Guglielmi, la Marli di Lello Zammarano. "Secondo l'Ucina nel giro di quattro anni, tra il 2008 ed il 2012, il settore nautico ha perso complessivamente in Italia l'80% del proprio valore rileva Guglielmi, il quale e anche delegato per Manfredonia di Assonautica. "Di tutti i comparti economici quello più penalizzato è proprio il settore marittimo. Si immagini cosa vuol dire questo per Manfredonia, che fonda proprio nel mare, nella pesca, nella nautica, le sue radici e la sua economia". A danneggiare il settore, secondo il sipontino, non e stata solo la congiuntura finanziaria, ma anche una serie di atti del governo, della pressione fiscale alla tassa di stazionamento. "Oggi è difficile intravedere segnali di ripresa. Questo settore andrebbe incentivato, specie a Manfredonia, dove è essenziale anche ai fini dello sviluppo turistico. Non vogliamo aiuti, ma almeno che ci lascino lavorare. Quelle del mare sono a Manfredonia imprese piccole, nella maggior parte dei casi a conduzione familiare o con dipendenti che fanno ormai parte della famiglia", evidenzia Guglielmi, il quale ammette che "lo sconforto è notevole".

A dare il segno di come stiano le cose, vi e il verificarsi di una situazione nuova per il Golfo: "In questo momento non c'e una sola barca in costruzione in città, non era mai successo prima. Anzi, siamo abituati qui ad una lunga attesa per farsi realizzare imbarcazione, ci si doveva accodare alle richieste precedenti".

Nonostante la lunga tradizione della cantieristica manfredoniana, le barche adesso vengono realizzate altrove, come nel nord Barese, dove i prezzi sono più competitivi.

Alla mancanza di lavoro, si aggiunge la crisi della liquidità, che mette in ginocchio tutte le imprese che operano nel porto commerciale di Manfredonia. Altro scenario inedito è quello che vede imprese esterne alla città occuparsi dei lavori sul porto. Va forse anche peggio al comparto della pesca. Se la marineria sipontina fino ad una decina di anni fa era tra le prime in Italia grazie alle sue 600 imbarcazioni, oggi a lavorare effettivamente ne sono circa 150, un quarto appena di quelle di allora.

"In pochi anni", ha rilevato nei mesi scorsi il sindaco Angelo Riccardi, "il settore pesca ha fatto registrare un calo in termini di numero di natanti e di addetti alla pesca diretti e indotti, tale da incidere profondamente sull’economia non solo locale. Occorre introdurre pertanto misure idonee che restituiscano alla pesca serenità, operatività e dunque capacità produttiva". "La situazione, ripeto, e tragica. Il mondo della pesca e in fortissima sofferenza" chiarisce Guglielmi.

La causa non va cercata solo nella crisi, ma anche nell'aumento del costo del carburante, nelle nuove normative sulle reti, nelle novità relative alla patente a punti (meccanismo che può portare anche alla revoca della licenza), ai divieti comunitari riguardanti la pesca del bianchetto e del rossetto, con le quali si sostentavano parecchi pescatori sipontini.

22 Dicembre 2012

Fonte: L’Attacco - Lucia piemontese

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La pesca professionale è l’attività di cattura e prelievo a fini economici, esercitata da soggetti abilitati e iscritti nei Registri Imprese di Pesca.

Le attrezzature utilizzate dai nostri pescatori sono molto diverse, ideate e migliorate nel corso dei secoli e adeguate alle caratteristiche delle specie da catturare.

Pesca professionale

Esistono attrezzi che devono essere calati in profondità per le specie che vivono a stretto contatto con il fondo, come naselli, triglie, scampi, polpi e seppie.

Alcune reti sono realizzate ed armate per pesci pelagici, come alici e sardine, quindi sono manovrate dai pescatori in modo da non agire sui fondali.

Anche ami e palangari possono essere utilizzati per catturare specie diverse; in profondità naselli, in superficie per tonni e pesci spada.

La tecnologia ha migliorato e aiutato i pescatori nel rendere più efficace l’attività di pesca.. Sonar ed ecoscandagli hanno aumentato la possibilità di individuare i banchi, facendo risparmiare ai pescatori tempo, fatica e, quindi, denaro.

Per i molluschi una volta si lavorava a forza di braccia, ora si impiegano attrezzature moderne. La tecnologia, quindi, non ha solo aumentato le capacità di cattura, ma anche migliorato, di riflesso, le condizioni di lavoro, la sicurezza e conseguentemente la qualità della vita delle persone che esercitano questo mestiere.

Quest’ultimo aspetto è importante per un sistema produttivo che, pur avendo ben presente il problema della tutela delle risorse, ha al centro, sempre e in ogni modo, il pescatore. La pesca professionale si distingue generalmente in tre diverse categorie:
1) pesca costiera locale
2) pesca costiera ravvicinata
3) pesca mediterranea o d’altura

Tipologie di pesca nel Compartimento Marittimo di Manfredonia:
1) pesca costiera locale fino a 6 miglia dalla costa, estensibile fino a 12 miglia
2) pesca costiera ravvicinita fino a 20 miglia, estensibile fino a 40 miglia

L’attività di pesca viene esercitata utilizzando un peschereccio e una particolare attrezzatura che può:
- venire trainata dall'imbarcazione, a contatto o a una certa distanza dal fondo marino
- essere utilizzata per circondare un banco di pesce o, infine,
- venire posizionata in una zona di mare per un certo tempo e successivamente ritirata assieme al pesce da essa catturato.

Tremaglio

E’ la più nota tra le reti da posta ed è formata da tre pezze di rete sovrapposte ed armate con diverso rapporto di armamento sulle stesse due lime da sughero e da piombo. Le due pezze esterne identiche e formate da maglie molto grandi sono armate sulle lime con un rapporto di armamento abbastanza alto (0,6 - 0,7) mentre la pezza intermedia ha maglie piccole e rapporto di armamento basso (0,4 - 0,5).

Ciò permette una sovrabbondanza di rete nella pezza a maglia piccola.

Il pesce quindi che incontra nel suo cammino la rete e cerca di superarla, da qualunque parte provenga, supera abbastanza agevolmente la maglia grande della pezza esterna (il maglione) e preme sulla pezza a maglia piccola che essendo sovrabbondante fa una sacca delimitata dalla maglia grande della terza pezza di rete. In questa sacca il pesce resta invillupato senza nessuna possibilità di fuga; da qui verrà prelevato dal pescatore quando salpa la rete.

Il tremaglio viene generalmente calato sul fondo per la cattura di specie pregiate.

Le dimensioni delle maglie e dei maglioni come i rapporti di armamento sulle lime variano da zona a zona e da un pescatore ad un altro.

Questo fa si che generalmente il tremaglio, come dopotutto la quasi totalità degli attrezzi da pesca, sia armato direttamente dal pescatore che lo deve pescare, nei momenti di intervallo tra una pescata e l’altra per mare cattivo.

Reti ad imbrocco

E’ formata da una unica pezza di rete.

La rete ad imbrocco ha praticamente una cattura monospecifica e monotaglia. Ciò dipende dalla misura della maglia con cui è armata.

Il pesce non resta prigioniero in una sacca come nel tremaglio, ma generalmente penetra con la testa nella maglia e vi resta prigioniero, impossibilitato ad andare avanti e a tornare indietro.

Se la maglia fosse più piccola non riuscirebbe a penetrare con la testa nella maglia stessa, se d’altra parte fosse più grande passerebbe tutto intero dalla parte opposta, evitando in ambedue i casi la cattura.

Non mancano comunque casi di intreccio nella rete, più che di imbrocco.

Nella pesca professionale si hanno casi di rete da posta contemporaneamente tremaglio e ad imbrocco.

Si tratta di reti che nella loro parte inferiore, un paio di metri di altezza, sono armate a tremaglio per la cattura del pesce di fondo, mentre nella parte superiore sono armate ad imbrocco per la cattura del pesce di volo.

In pratica si hanno tre lime: la lima da piombi su cui sono armate le tre pezze del tremaglio, la lima intermedia, priva di piombi e galleggianti, su cui sono armate le tre pezze del tremaglio e la pezza della rete da imbrocco, la lima da sugheri su cui è armata la pezza della rete ad imbrocco.

Questa rete permette la cattura di più specie contemporaneamente, sia pelagiche che bentoniche.

Reti da posta fisse

Rete da posta

La distinzione tra tremaglio e rete ad imbrocco riguarda il tipo di armamento delle due reti. Per quanto riguarda l’uso, le reti da posta si distinguono in fisse, derivanti, circuitanti.

Le reti da posta fisse vengono calate sul fondo marino, o in prossimità di esso o anche a mezz’acqua, ma sono in ogni caso ancorate ad intervalli regolari al fondo marino stesso.

In superficie vengono segnalate da galleggianti che hanno lo scopo di permetterne il recupero.

Le reti da posta fisse infatti vengono calate ed abbandonate in mare lasciando sul posto un galleggiante ad esse collegato. Quando passato il tempo di cala, variabile da zona a zona noto al pescatore per lunga esperienza di pesca, le si vuole salpare, ci si dirige sul galleggiante lo si recupera e con esso la rete col pesce ammagliato.

Principali specie catturabili:
aguglie, cefali, dentici, orate, pannocchie, saraghi, seppie, sgombri, sparaglioni, spigole, ecc…

Reti da posta circuitanti

Le reti da posta generalmente vengono calate in linea retta o discostandosi poco da questa. Anche quando vengono calate a zig-zag comunque non racchiudono mai un tratto di mare, restano solo e sempre reti di sbarramento.

La rete circuitante viene invece volutamente calata a cerchio, o a semicerchio se in prossimità della costa, allo scopo di imprigionare i pesci che si trovano nello spazio delimitato dalla rete stessa.

Si cerca poi in qualche modo di impaurirli, con rumori ad esempio, in modo che cercando la fuga si dirigono contro le reti e vi restino ammagliati.

La rete da posta circuitante è la meno usata, anche se non mancano zone in cui questa tecnica è molto conosciuta e sofisticata.

Nasse

Le nasse sono piccole trappole che vengono salpate ogni volta che si preleva il pesce e calate o no sullo stesso posto a giudizio del pescatore.

Le nasse vengono generalmente innescate: anche la scelta dell’esca ha la sua importanza nella pesca professionale. L’esca deve essere appetibile dal pesce per attirarlo, ma nel contempo deve costare poco. Anche n questo caso l’astuzia, l’esperienza, lo spirito di osservazione sono fondamentali. Non sempre l’esca è scelta tra quanto può essere cibo al esce, basti pensare alle foglie dì lauro per attirare le seppie.

Le nasse possono essere costruite con vimini, con rete montata su una intelaiatura rigida in legno o ferro, possono essere smontabili, componibili,

Oggi vengono anche costruite in serie in materiale plastico. Le bocche di ingresso sono generalmente fatte a mano, a forma di imbuto o in rete o in filo di ferro.

La pesca delle nasse viene generalmente effettuato da pescatori con piccole barche o remi o con un piccolo motore. Se comunque si vuole operare abbastanza al largo in fondali caso mai non strascicabili, ma ricchi di pesce è necessario un peschereccio più attrezzato. In questo caso le nasse non sono calate una per una, ma unite tutte quante a distanza conveniente ad una corda chiamata come per il palangaro madre o trave.

Naturalmente in questo caso il salpamento non è più manuale, ma tramite verrnicello.

Reti a circuizione per acciughe e sarde

Queste reti sono chiamate dai pescatori lampare, ciancioli, saccoleve, Hanno lunghezze che si avvicinano agli 800 metri ed altezze fino a 120 metri.

Per lunghezza della rete si intende la lunghezza della lima da sugheri ed è quindi la lunghezza reale della rete, mentre per altezza si intende la altezza a maglia stirata delle pezze di rete che la compongono. Non è quindi un’altezza reale, ma solo teorica. In pesca questa altezza non può mai essere raggiunta.

La scelta di una rete più o meno alta è determinata da due ordini di considerazioni: da una parte la profondità del fondale su cui si intende operare, la lima dei piombi può anche avvicinarsi al fondo, ma la chiusura ed il recupero diventano catastrofici, se anche una parte consistente della rete si ammucchia insieme alla lima sul fondale stesso, dall’altra la lunghezza della rete stessa.

La rete infatti deve essere chiusa sulla lima da piombi e se il cerchio fosse molto grande, mentre l’altezza del cilindro che la rete forma quando è calata fosse molto piccola, sarebbe impossibile poter effettuare la chiusura.

La rete a circuizione per acciughe e sarde opera su banchi di pesce artificialmente formati, mediante attrazione luminosa (Bini G.).

Altri metodi di attrazione (esche ad esempio) o la pesca su banchi naturalmente formati e rivelati dagli strumenti di bordo non sono. praticati dai nostri pescatori.

La pesca con la rete a circuizione per acciughe e sarde viene effettuata generalmente da natanti di buone dimensioni, alcuni anche abbastanza grossi (100 tonnellate di stazza, 400 cavalli di potenza).

In quest’ultimo caso il motopeschereccio, spesso chiamato anche lui cianciolo, ha a bordo oltre alla rete anche due o tre piccole barche munite di un generatore di elettricità, che calate in mare nella zona di pesca, lentamente sotto la intensa luce delle loro lampade formano, raccolgono, ingrandiscono il banco.

Lentamente poi a remi le barche si avvicinano portando con sé il pesce. Quando i vari banchi si sono uniti, una sola barca resta con le luci accese, per trattenere il grosso banco così formato, mentre il motopeschereccio rapidamente cala la rete e la chiude.

In questa operazione spesso la barca grande è coadiuvata da una delle barche piccole che avendo ceduto il pesce raccolto alla barca che resta al centro, è libera per fare altre operazioni. Questa barca viene chiamata stazza.

L’attrazione del pesce avviene generalmente con lampade sopra il livello del mare, ma è possibile ed è praticato anche l’uso dì lampade sommerse. Chiusa rapidamente la rete ed imprigionato quindi il banco, inizia lentamente il recupero della rete in modo da rendere sempre più piccolo lo spazio a disposizione del pesce. Per questa operazione generalmente ci si serve di un bozzello salparete chiamato generalmente con termine inglese Powerblock.

Quando poi il pesce è sufficientemente addensato inizia il recupero della saccata mediante grossi coppi o volighe meccanizzate che possono salpare anche una cinquantina di casse ogni volta.

Per questa operazione in alcuni casi è usata l’ittiopompa che permette il recupero del pesce misto ad acqua con rapidità e comodità.

Le maglie delle reti a circuizione per acciughe e sarde sono generalmente molto piccole e variano da zona a zona in funzione delle dimensioni dei pesci che formano i banchi che si debbono sfruttare.

Il regolamento della pesca impone come maglia minima quella da 14mm di apertura.

Le maglie più frequentemente usate hanno lato tra gli 8 ed i 10mm. Spesso tra i pescatori, invece del lato in millimetri, viene usato il numero di nodi per palmo.

Vongolara

Draga per vongole

Come il nome dice è l’attrezzo usato per la cattura delle vongole, la draga per le vongole.

In passato si usava la vongolara a mano che consisteva in un grosso rastrello con un lunghissimo manico. La vongolara veniva tirata lentamente recuperando l’ancora e col manico si cercava di agitare il rastrello in modo che si scaricasse la maggior quantità possibile di sabbia.

Ora si usa la vongolara con getto di acqua all’interno dell’attrezzo, Le dimensioni dell’attrezzo sono aumentate, il manico è scomparso, il salpamento è meccanico: in generale le catture sono molto più alte e con minore fatica.

Le caratteristiche della vongolara con getto d’acqua all’interno dell’attrezzo sono regolarmente con apposito decreto.

Principali specie catturabili:
vongole, cannolicchi, fasolari.

Cannellara

La cannellara è molto simile alla vongolara,ha però un potere di penetrazione nel fondo marino superiore. Ciò è necessario per catturare convenientemente i cannelli (o cannolicchi, cappelonghe)

Palangaro

Il palangaro è formato da un insieme molto numeroso di ami uniti insieme. Su di un cavetto (può essere formato da filo o corda ritorta, filo o corda trecciata, monofilo o anche da una piccola fune in acciaio) chiamato trave o madre del palangaro, ad intervalli regolari sono montati,con spezzoni di filo chiamati braccioli, gli ami. La distanza tra un amo e un altro è normalmente poco superiore al doppio della lunghezza dei braccioli.

I palangari possono essere calati in prossimità del fondo e qui ancorati (palangari fissi) per la cattura del pesce di fondo oppure possono essere calati a mezz’acqua o in superficie per la cattura dei grossi pesci pelagici (tonnidi e pesce spada). In quest’ultimo caso vengono lasciati alla deriva in balia delle correnti e dei venti.

Nella pesca professionale per ottenere una cattura che ricompensi del lavoro sono necessari moltissimi ami; si calano quindi varie ceste di ami. La cesta è in pratica la unità di palangaro. Il recupero è manuale e questo è lungo, faticoso e pericoloso.

Nrgli ultimi tempi sono stati introdotti strumenti atti a ridurre la fatica e i tempi di lavoro in modo che si possono calare più ami e quindi si possa avere un rendimento superiore. Si hanno infatti strumenti per l’innescamento automatico mentre si cala con continuità e strumenti che permettono il recupero più o meno automatico (salpapalangari).

In alcune zone la pesca col palangaro da risultati più che soddisfacenti per far vivere e prosperare l’impresa di pesca, in altre, quelle soprattutto dove si ha presenza di altri tipi di pesca, il rendimento è scarso.

In generale comunque la pesca col palangaro è una pesca che si effettua con limitati consumi energetici ed è molto rispettosa delle risorse che si stanno sfruttando. E’ infatti un metodo di pesca fortemente selettivo.

Rastrello da Natante

Sono attrezzi a bocca rigida con la parte inferiore della bocca armata con lunghi denti di ferro mentre la parte superiore è normalmente un semicerchio di cui la parte inferiore è il diametro.

Il rastrello a denti è fornito di un corto manico 1-2 metri che ha lo scopo di regolare l'inclinazione di denti rispetto al fondo.

I denti molto lunghi, circa 30 cm. e molto affilati per penetrare bene nel substrato e raccogliere i molluschi, sono montati molto vicini l'uno all'altro, per evitare che i molluschi possano sfuggire alla cattura passando tra un dente e l'altro.

Il sacco è fermato da una sola pezza di rete ed ha lo scopo di raccogliere e trattenere i molluschi in esso convogliati dal rastrello.

Il traino deve avvenire tramite il recupero dell'ancora con verricello. Ogni natante può tirare due attrezzi con un cavo ciascuno che agisce direttamente sulla bocca del rastrello.

Le modalità di fissaggio del manico al cavo di traino, ermettono di regolare l'inclinazione dei denti rispetto al fondo. Scopo del manico è solo questa regolazione.

Il salpamento è manuale senza uso dei verricelli meccanici né di albero e bigo od arcone di poppa che sono assenti nei natanti tradizionali che usano questo attrezzo.

Il rastrello da natante deve avere le seguenti caratteristiche:
- la larghezza della bocca non deve essere superiore a m. 1,50;
- l'apertura della maglia non deve essere inferiore a mm 20 per la pesca delle telline e a mm 30 per gli altri molluschi;
- il sacco di raccolta in rete tessile non deve avere lunghezza superiore a m 2,00.

Per quanto riguarda il natante esso è soggetto alle seguenti limitazioni:
- la stazza non deve essere superiore a 10 t;
- la potenza del motore non deve essere superiore a 100 HP.

Sciabiche da spiaggia

La sciabica da spiaggia è ancora usata saltuariamente a livello professionistico artigianale da molti pescatori italiani. Per le operazioni di pesca sono necessarie da un minimo di 5 - 6 persone fino ad una dozzina. Questo in funzione anche delle dimensioni della sciabica. La rete e le reste vengono caricate su una piccola barca a remi, che lasciato a terra il capo di una resta, a semicerchio cala la prima resta poi il braccio della sciabica, il corpo, il secondo braccio, la seconda resta facendo in modo di portare a terra il capo della seconda resta ad una congrua distanza dal punto dove si è lasciato il capo della prima resta.

A questo punto inizia il tiro a mano lentamente, ma possibilmente con continuità. I pescatori tirano la sciabica indietreggiando sulla spiaggia tenendo quindi costantemente sotto controllo visivo l’attrezzo. Arrivati al limite della spiaggia a turno ritornano verso la battigia e ricominciano a tirare le reste. Il semicerchio si riduce sempre di più mentre il pesce impaurito dall’ombra delle reste si concentra fino a quando non arrivano sulla spiaggia le braccia della rete che in pratica impediscono ogni possibilità di fuga al pesce a meno di non saltare fuori dall’acqua o di cercare di passare sotto la lima da piombi che comunque tocca il fondo quasi per tutta la sua lunghezza.

Continuando a tirare si concentra il pesce nel sacco nella parte centrale della rete da cui viene agevolmente prelevato.

Questo tipo di pesca è completamente manuale e generalmente non dà grosse catture, ma in alcuni casi permette a coloro che lo praticano di guadagnarsi la giornata. In pratica il ricavato se si eccettua la manodopera è tutto guadagno. Le spese infatti sono praticamente irrisorie e consistono nella riparazione della rete o nella sostituzione delle pezze usurate. La barca che cala la rete, durante le operazioni di calo procede a remi e quindi non vi è consumo di carburante per la pesca. Eventualmente vi è un leggero consumo quando la barca è munita di motore per il trasferimento, da un punto all’altro per effettuare la pesca.

Reti a strascico

Rete a strascico

Con la pezza sotto più lunga si ha che la forza di traino viene esercitata prevalentemente sulla lima da sugheri. Ciò permette alla lima da piombi fortemente piombata e con scarsa tensione, di mantenere una perfetta aderenza al fondo e quindi di sollevare il pesce che tenderebbe a trovare scampo acquattandosi sul fondo stesso.

La rete a strascico italiana ha due braccia molto lunghe rispetto a quelle delle altre reti a strascico. Le braccia infatti hanno una lunghezza che si avvicina a quella del corpo della rete senza il sacco. La parte superiore della rete è chiamata cielo ed è formata da varie pezze di rete a maglia degradante. La parte inferiore viene chiamata tassello o lenza.

Pesca a strascico

Il sacco ha dimensioni appropriate al natante e alle catture che si presume di effettuare ed è generalmente protetto da una fodera che lo avvolge completamente, lo protegge dall’abrasione nella sua parte inferiore (a volte questa parte è ulteriormente rinforzata da un fodero in gomma, od altri materiali) e lo rinforza in caso di saccate molto grosse. Generalmente le braccia, il cielo ed il sacco sono in rete senza nodo il tassello è costituito da una pezza di rete annodata con filo molto grosso, a volte prodotto con stoppino o materiale scadente dato che deve reggere solo alla abrasione visto che il tiro è praticamente solo sulla parte superiore o cielo.

Le due braccia terminano in due mazzette o stazze di 40 - 60 cm in legno o ferro.

L’apertura orizzontale dalla rete è assicurata dai divergenti o porte. I pescatori italiani usano prevalentemente divergenti rettangolari piatti in legno bordato di ferro. Divergenti in plastica, in ferro, ovali, bombati sono noti e sembra che trovino buona accoglienza tra i pescatori.

Tra la rete e i divergenti vi sono i calamenti o scavezzi che nel caso della rete italiana sono molto lunghi (200 - 250 metri) mentre altre reti a strascico sono usate con calamenti meno che dimezzati.

Reti a strascico a coppia

Quando si pescava al traino con le barche a vela tutte le reti venivano trainate a coppia. A vela infatti, con la velocità di traino variabile in funzione dei capricci del vento sarebbe stato molto difficile poter controllare i divergenti e quindi si lavorava a coppia.

Rapido

Il rapido è un tipo di rete a strascico a bocca fissa; è un attrezzo ingegnosissimo scogitato dai pescatori italiani principalmente per cattura delle sogliole.

La bocca e formata da una intelaiatura rigida su cui sono montati i denti arcuati che penetrano nel fondo marino qualche centimetro ed obbligano le sogliole che si acquattano e mimetizzano col fondo a sollevarsi e ad entrare nella rete che ha una apertura di bocca in senso verticale estremamente limitata (20 cm circa). Le slitte montate ad intervalli regolari impediscono ai denti di penetrare nel fango più del necessario. Man mano che i denti si consumano vengono abbassati a martellate fino a quando sono completamente consumati e viene cambiato il “ferro” con uno a denti nuovi.

Sulla parte superiore del rapido è montata una tavola inclinata che fa da depressore.

Più si tira velocemente e più il rapido mantiene ed aumenta la sua aderenza al fondo.

Da questo il nome “rapido” attrezzo che può essere trainato rapidamente. La regolazione della inclinazione della tavola è molto importante per il buon funzionamento del rapido, come molto importante è la giusta sporgenza dei denti dalla slitta. Se essi sporgono troppo frenano inutilmente il peschereccio, se sporgono poco, non fanno sollevare tutte le sogliole presenti. In pratica ogni cala, si debbono controllare e regolare.

Le dimensioni orizzontali del rapido variano in funzione della potenza, ma generalmente non superano i quattro metri anche per semplicità e sicurezza della manovra. Ogni natante tira due, tre o anche quattro rapidi a seconda della potenza.

Le cale sono generalmente molto brevi, circa un’ora, anche per evitare che un qualunque corpo estraneo (pezzo di corda, barattolo etc.) incastrato nei denti tolga pescosità all’attrezzo. Salpando frequentemente si liberano i denti da eventuali corpi estranei.

Con cale brevi e l’uso anche di quattro attrezzi contemporaneamente il lavoro a bordo diventa molto duro.

Le catture del rapido consistono principalmente di sogliole, sia come quantitativo che come valore economico. In alcune zone viene usato anche per la cattura di molluschi quali cappesante e canestrelli.

La rete cucita sulla bocca del rapido è formata da varie pezze di maglie diverse. Generalmente si consuma molto rapidamente per abrasione ed è perciò protetta con un foderone, oltre che essere confezionata con filo molto grosso. Si preferisce la rete senza nodo.

Il rapido viene usato su fondi strascicabili sabbiosi o fangosi a profondità limitata. E’ quindi molto usato in Adriatico e limitatamente in Tirreno.

Sfogliara

E’ la tradizionale rete a strascico a bocca fissa usata in passato in Italia e ancora molto in uso in altri Paesi. La bocca è costituita una asta con due slitte all’estremità. L’asta fa da lima da sugheri, mentre la lima da piombi è formata da un cavo misto (o da una catena) fortemente piombato. Contrariamente al rapido la velocità non é sempre un vantaggio, perché più si tende ad andare veloci e più l’attrezzo tende a staccarsi dal fondo. Ogni natante tira due sfogliare.

Attualmente la sfogliara è poco usata soppiantata dal rapido che garantisce catture superiori e più costanti.

Attrezzi da traino

Quando non si debbono catturare molluschi come la vongole che vivono annidate nel substrato, ma si vogliono catturare molluschi sessili che vivono sul fondo, non è necessario usare un attrezzo che penetri vari centimetri sul fondo stesso, ma è sufficiente un attrezzo che stacchi e raccolga i molluschi.

A questo scopo i pescatori hanno ideato vari tipi di attrezzi con lievi diversità da zona a zona, attrezzi chiamati nei compartimenti del Nord Adriatico ostregheri (attrezzi per la cattura delle ostriche) o sfogliare per molluschi ,nel sud, “ramponi”.

Sono attrezzi da traino a bocca fissa simili alle sfogliare o ai rapidi, ma da questi nettamente distinti per dimensioni, maglie e forme della rete.

Negli attrezzi per molluschi la rete dietro la bocca altro non è che un piccolo sacco di raccolta chiuso, lungo uno o due metri che permette il recupero delle saccate solo rovesciando l’attrezzo.

La bocca dell’attrezzo è sempre rigida, fissa, ma ciò può essere ottenuto in vari modi.

Una sbarra in ferro senza slitte agli estremi con attaccata alla estremità una lima da piombi (generalmente catena) è un esempio. Un altro e rappresentato da un rettangolo in ferro lungo 1,50 - 2,00 metri ed alto 30 centimetri, a cui è armato direttamente il corto sacco.

Un altro infine è rappresentato da una bocca simile a quella del rapido anche se di dimensioni minori.

Tutti e tre i tipi sono comunque facilmente distinguibili dal rapido o dalla sfogliara.

Reti da traino pelagiche a coppia

Traino rete volante a coppia

In questi ultimi anni le reti da traino pelagiche hanno soppiantato le reti a circuizione per la cattura del pesce azzurro. Queste reti, dette in Italia volanti, sono state introdotte in Italia dai pescatori del Nord Adriatico che hanno importato le prime da retifici che le producevano per l’uso nel mare del Nord dove sono nate e si sono rapidamente sviluppate.

La rete “volante” in Italia è usata solo a coppia.

Due pescherecci pressoché uguali trainano ognuno con due cavi la rete. Un cavo va alla mazzetta superiore l’altro alla mazzetta inferiore. La rete volante infatti ha quattro mazzette e quattro lime: lima da sugheri, lima da piombi e due lime laterali. La rete può essere trainata, in funzione del cavo filato a mezz’acqua a varie profondità, da quì il nome di volante, o in prossimità del fondo, operando in quest’ultimo caso come rete semipelagica. La rete volante viene usata spesso come rete semipelagica perché nei nostri mari e soprattutto di giorno pesce azzurro staziona in prossimità del fondo. D’altra parte la pesca semipelagica è più sicura sia perchè il pesce ha una possibilità di fuga in meno (da sotto rete) sia perchè, non disponendo i pescherecci di strumenti di controllo della rete (net sonde), è più facile lavorare la lima da piombi vicino al fondo. A mezz’acqua non si ha la certezza di esplorare la zona in cui lo scandaglio ha evidenziato il pesce e quindi cattura è più aleatoria.

L’apertura orizzontale è naturalmente assicurata dai due natanti che trainano in coppia, mentre quella verticale è assicurata da due grossi pesi sui due cavi di traino che vanno alle mazzette inferiori, dai piombi e dai galleggianti, questi ultimi, sono praticamente sempre presenti, anche se non indispensabili.

La rete è formata da moltissime pezze di maglie e filo diversi. Si possono distinguere quattro parti della rete. La parte superiore e la parte inferiore identiche tra loro e le due parti laterali, anch’esse identiche.

Nella rete volante, come modificata e prevalentemente usata in Italia, si ha che le parti laterali sono la metà come numero di maglie della parte superiore ed inferiore. Le maglie nella prima parte della rete (braccia e prima parte del corpo) sono molto grandi normalmente intorno ai 200 mm di lato, anche se non mancano casi di maglie da 500 mm di lato. Le maglie gradatamente diminuiscono man mano che ci si avvicina al sacco e nel sacco sono generalmente da 20 mm di apertura.

Le maglie del sacco quindi sono molto piccole: ciò però non è dovuto alla volontà del pescatore di usare una maglia, che consenta migliori catture. L’uso di una maglia piccola è imposto dalle necessità di evitare l’imbrocco anche alla più piccola delle tre specie pelagiche che prevalentemente compongono le saccate delle reti volanti: sarde, acciughe e spratti.

Se si dovesse avere l’imbrocco ci si troverebbe con un pesce ogni maglia e si impedirebbe quindi lo scarico dell’acqua da parte della reti provocando in questo modo la rottura della rete stessa.

Principali specie catturabili:
alici, sardine, sgombri, cefali, aguglie, ecc.

Fonte: federcopesca.it
Allevamento pescicoltura
Foto: Giovanni Simone

L'acquacoltura viene praticata sin da tempi antichi, in un ritrovato egizio risalente al 2500 ac è ritratto un uomo a raccogliere tilapie (pesci d'acqua dolce) da uno stagno, nello stesso periodo risalgono le origini della carpicoltura in Cina, troviamo nei fenici, etruschi e romani l'interesse nell'allevamento dei pesci, in particolare i romani allevavano le murene e le anguille in apposite vasche sulla costa laziale, mentre in Europa è divenuto fenomeno importante dal medioevo.

Il termine acquacoltura è riferito ad una produzione controllata. Tipologie diverse di allevamenti sono: intensivo, estensivo e semi-estensivo. Nell'allevamento intensivo i pesci sono allevati in vasche di acqua dolce, salata o salmastra e vengono alimentati artificialmente. Nell'allevamento intensivo in mare aperto (maricoltura) i pesci vengono allevati in gabbie galleggianti o sommerse. Nell'allevamento estensivo il pesce è seminato allo stadio giovanile in lagune o stagni costieri e cresce con alimentazione naturale. E' allevamento semi-estensivo quando l'alimentazione naturale viene integrata con quella artificiale.

Allevamento pescicoltura
Foto: Giovanni Simone

Oggi le specie di pesci maggiormente allevate sono: il salmone, la carpa, l'orata, il branzino, la trota. Esistono allevamenti di: crostacei e gamberoni tropicali o anche piante (alghe marine coltivate sia per l'alimentazione umana che per la produzione industriale), molluschicoltura (mitili e vongole veraci), pescicoltura (spigole, orate, anguille, trote, carpe e specie ornamentali). Alcuni allevamenti dispongono di propri impianti di produzione di seme (avannotterie per specie ittiche e schiuditoi per molluschi) altri invece gestiscono attività sperimentali di allevamento di vermi per la pesca sportiva.

Con il termine maricoltura si intendono invece le pratiche di allevamento che vengono svolte in mare come la molluschicoltura, la pescicoltura in gabbie e nelle barriere artificiali.

Sia l'acquacoltura che la maricoltura negli ultimi anni hanno assunto un ruolo sempre più importante non solo per la produzione ittica ma anche per la salvaguardia e la conservazione dell'ambiente.

Fonte: sito ufficiale Provincia di Ravenna

L'Italia è attualmente uno dei maggiori produttori di mitili (Mytilus galloprovincialis, comunemente chiamati cozze, peoci o muscoli) a livello mondiale. Secondo i dati riportati nel V° Piano Triennale della Pesca e dell'Acquacoltura, nel 1995 la produzione totale era stata di circa 132.000 tonnellate, portando l’Italia al primo posto in Europa e al secondo posto a livello mondiale. Di questi, circa 30.000 tonnellate provengono dalla raccolta su banchi naturali, mentre il resto è prodotto in impianti di allevamento situati, in gran parte, lungo la costa Adriatica centro-settentrionale.

Allevamento di cozze
Allevamento di cozze
Foto: Paolo Scarpinati

La molluschicoltura è una tipologia di allevamento può essere assimilata all'acquacoltura estensiva in quanto i mitili, essendo organismi filtratori, traggono il cibo dall’ambiente e l’intervento umano riguarda la struttura dell’impianto (su pali in acque lagunari o su long-lines in mare aperto), la sua manutenzione (verifiche dei cavi portanti e relativi agganci ai corpi morti, controllo e sostituzione dei galleggianti, ecc.) e la gestione dei cicli di produzione (semina, confezionamento delle reste, diradamento, ecc.).

Il «seme» viene generalmente reperito in primavera da banchi naturali o dalle strutture degli stessi impianti (pali, cavi di ancoraggio, ecc.) e viene immesso in manicotti di rete (reste) che vengono poi appese ai filari galleggianti a circa 2 - 2,5 metri dalla superficie dell’acqua o, in acque lagunari, alle ventie sostenute dai pali. Il raccolto ha inizio nel tardo autunno, quando i mitili hanno raggiunto la taglia minima commerciale (5 cm). Durante il ciclo di allevamento in sospensione vengono effettuate diverse operazioni di manutenzione (pulizia e smistamento delle reste) al fine di favorire la crescita dei molluschi e ridurne la mortalità.

Acquacoltura estensiva
Acquacoltura estensiva

Nell’ultimo decennio la molluschicoltura ha avuto un notevole incremento lungo la costa dell’Adriatico centro-settentrionale, dove si è assistito ad una generale tendenza allo sviluppo di impianti di tipo long-line in mare aperto, meno soggetti al rischio di mortalità elevate a causa delle crisi di ipossia che si verificano frequentemente in ambienti costieri confinati. Recentemente, però, anche questi impianti hanno dovuto far fronte a notevoli difficoltà legate da un lato a problemi di tipo ambientale, come la presenza di biotossine algali (DSP), elevate produzioni di seme che tende ad insediarsi sulle reste stesse soffocando i mitili sottostanti, mareggiate, ecc. e, dall’altro, a problemi di tipo economico, dovuti al fatto che l’aumento dell’offerta, anche da parte di altri paesi europei ed extraeuropei, ha determinato una notevole riduzione dei prezzi di mercato.

Un’altra tecnica idonea ad aree di mare aperto consiste nello sviluppo di nuovi banchi di mitili tramite l’immersione, sul fondo marino, di opportuni substrati artificiali. In questo caso l’intervento da parte dell’uomo consiste semplicemente nel fornire superfici utili per l’insediamento delle larve presenti in abbondanza nell'ambiente e che, altrimenti, andrebbero in gran parte perdute, e nella raccolta finale. Un esempio di questa tipologia di allevamento si può ritrovare in alcuni impianti di barriere artificiali esistenti lungo la costa adriatica centro-settentrionale presso i quali, oltre ai corpi tradizionali (cubi in calcestruzzo), sono stati immersi anche gabbioni in cemento i cui travi portanti sono particolarmente idonei all’insediamento e all’accrescimento di mitili grazie al notevole flusso d’acqua ed alle micro correnti che si creano attorno ad essi.

I costi di investimento iniziali in questo caso sono più elevati rispetto a quelli richiesti per gli impianti sospesi, ma si ha una minore richiesta di manodopera per la gestione dell’impianto, una riduzione delle perdite causate dalle mareggiate, la possibilità di commercializzare un prodotto di dimensioni superiori alla taglia minima legale ed una riduzione dei rischi di contaminazione da biotossine algali la cui concentrazione tende a diminuire con l’aumentare della profondità.

Grazie ai risultati ottenuti con l’applicazione di nuove tecniche di preingrasso, anche l’ostricoltura può essere considerata attualmente un settore con buone prospettive di sviluppo. Le tecniche di allevamento dell'ostrica sono simili a quelle utilizzate nella mitilicoltura sospesa e il prodotto finale è qualitativamente competitivo a livello europeo.

Al momento attuale comunque, la produzione nazionale è estremamente limitata e solo recentemente alcuni vivai hanno destinato a tale attività alcuni filari.

La reintroduzione dell’ostricoltura, un tempo ben avviata in alcune aree italiane, è fortemente auspicabile anche in termini di diversificazione delle monocolture di mitili, con conseguente riduzione dei rischi legati all’insorgere di patologie e parassitosi che vengono inevitabilmente favorite da elevate densità di individui di una stessa specie.

Fonte: Leziosa.com

Il "Pescaturismo" consiste in un'attività integrativa alla pesca artigianale che offre la possibilità agli operatori nel settore di ospitare a bordo delle proprie imbarcazioni un certo numero di persone diverse dall'equipaggio per lo svolgimento di attività turistico-ricreative. L'attività di Pescaturismo è attualmente regolamentata dal decreto ministeriale 13 aprile 1999, numero 293 (G.U. n. 197 del 23 agosto 1999), che comprende lo svolgimento di attività nell'ottica della divulgazione della cultura del mare e della pesca, come: brevi escursioni lungo le coste, l'osservazione delle attività di pesca professionale, la ristorazione a bordo o a terra, la pesca sportiva e tutte quelle attività finalizzate alla conoscenza ed alla valorizzazione dell'ambiente costiero che possono servire ad avvicinare il grande pubblico al mondo della pesca professionale.

L'eccezionale bellezza paesaggistica, la peculiarità morfologica-geologica delle più interessanti località turistiche italiane e la necessità avvertita nel mondo della pesca di creare nuove opportunità di lavoro e nuova occupazione hanno portato alla nascita del Pescaturismo. L'attività rappresenta una proposta innovativa per rispondere all'esigenza di diversificazione di parte delle attività di pesca, in particolare all'interno di Aree Marine Protette, riqualificando una quota di mercato turistico in parte esistente e creandone una aggiuntiva particolarmente interessante; il tutto in perfetta linea con l'esigenza di politiche che rispondano ai criteri di un 'Turismo responsabile'.

Il concetto di 'Turismo responsabile' nasce da nuove esigenze di valorizzazione e riscoperta della realtà sociale ed ambientale dei luoghi più suggetivi e delle antiche tradizioni della nostra cultura. Si vuole offrire al visitatore la possibilità di inserirsi in maniera armonica nel contesto preesistente senza alterarne le preziose particolarità. Gli usi e le tradizioni legati alle marinerie italiane possono offrire nuove possibilità di rilancio di questo settore, rispondendo contemporaneamente alle politiche europee di razionalizzazione dello sforzo di pesca.

Il Pescaturismo può portare molteplici vantaggi: il mantenimento di quell'integrità sociale ed economica spesso danneggiata dal voler promuovere attività che non tengono conto del contesto locale; una valida risposta ai problemi legati alla pesca, con la possibilità di integrazione del reddito degli operatori del settore attraverso un'attività non contrastante con la loro stessa identità storica e culturale; la razionalizzazione del prelievo delle risorse, ottenuta tramite l'orientamento verso una graduale diversificazione delle attività produttive. Il pescaturismo permette, infine, al pescatore, di mettere in rilievo aspetti della cultura marinara e delle tradizioni della pesca artigianale, troppo spesso sottovalutati.

Fonte: Legapesca

Si chiama "pesca non professionale" quella che sfrutta le risorse acquatiche marine vive per fini ricreativi, turistici, sportivi e scientifici.

Lo dice il decreto legislativo 4/2012, entrato in vigore il 2 febbraio 2012, relativo alle misure per il riassetto della normativa in materia di pesca e acquacoltura.

Si tratta di un testo normativo fortemente innovativo soprattutto perchè, oltre ad abrogare quella che per decenni è stata la legge madre in materia di pesca marittima - L.963/1995 -, ha introdotto il sistema della licenza pesca a punti nel settore della pesca professionale.

Sono vietati, sotto qualsiasi forma, la vendita ed il commercio dei prodotti della pesca non professionale.

Il c.d "pescatore sportivo", accezione comunemente usata per indicare la categoria dei pescatori non professionali, dal 1° maggio 2011, ha l'obbligo di farsi censire secondo quanto stabilito con decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali del 6 dicembre 2010, attraverso una registrazione on-line sul sito del MIPAAF, oppure compilando uno stampato in duplice copia e consegnandolo all'Ufficio Marittimo più vicino.

L'attestato della avvenuta comunicazione vale come titolo per l'esercizio della pesca non professionale (sportiva/ricreativa/dilettantistica).

Il pescatore subacqueo non può raccogliere mitili per un quantitativo superiore a 3 kg al giorno. Inoltre, è vietata la cattura giornaliera di pesci, molluschi e crostacei in quantità superiore a 5 kg, salvo il caso di un esemplare singolo di peso superiore…

Erminio Di Nora